di Samuel Cogliati

• 27 maggio 2022 • 


L’hanno battezzata “Joaquín Sorolla – Pittore di luce”. È la mostra curata da Micol Forti e Consuelo Luca de Tena
, che Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e CMS.Cultura, in collaborazione con il Museo Sorolla e la Fondazione Museo Sorolla, hanno organizzato a Milano e che sarà visibile fino al 26 giugno prossimo a Palazzo Reale.

La definizione è sicuramente calzante, perché l’opera di Joaquín Sorolla y Bastida (Valencia 1863 – Cercedilla 1923), di cui ricorrerà l’anno venturo il centenario della morte, brilla senz’altro per la gestione della luce, quella solare innanzi tutto. Una luce d’ambiente, meteorologica, ma più spesso e segnatamente filtrante tra gli interstizi, a comporre una complicità tutta sudista tra frescura degli interni e aggressività plumbea del sole.

Il titolo tuttavia rende solo parzialmente grazie alla pregnanza del pittore impressionista spagnolo. Altri tratti emergono infatti con altrettanta forza dalle opere esposte a Milano.
Direttamente correlato alla padronanza della luce appare il forte cromatismo, connotazione ispanica, talora alle soglie della cultura pop novecentesca.
Del resto l’opera di Sorolla è chiaramente a cavallo tra Otto e Novecento. Contemporanei – e precorritori del Secolo breve – appaiono ad esempio la rapidità del tratto o i tagli delle inquadrature.

Sorolla ha scritto: “Mi sarebbe impossibile dipingere lentamente all’aperto, anche se volessi… Non c’è nulla di stazionario in ciò che ci circonda. L’acqua si ritira costantemente; le nuvole cambiano forma mentre si spostano… Si deve dipingere rapidamente, perché molto è perso in un istante e non lo si può più recuperare”.
È un approccio apertamente novecentesco, e i quadri di Sorolla, per quanto contenutisticamente ottocenteschi, preannunciano spesso la fotografia, e sono a tratti “proto-iperrealistici”.

Ciò che tiene quest’opera ancora un poco a distanza dalla fotografia è l’alternanza tra da un lato la matericità del tratto, che partecipa alla definizione dei volumi, dando ad alcune parti del dipinto un rilievo quasi tridimensionale che si staglia da uno sfondo più bidimensionale, e da un altro lato l’impasto a volte quasi informe di diverse parti del dipinto.

Ma a ben guardare, quest’alternanza, concretata dal piombare sul dipinto di tratti inaspettatamente perentori e precisi, quasi incisi, è anch’essa coerente con una visione novecentesca e fotografica, in un gioco tra nettezza e sfocatura. Un gioco che Sorolla propone, quasi estremizzato, nella gestione di alcune figure umane: a ritratti precisi, connotati da una minuzia appunto iperrealistica, rispondono fisionomie celate – dalla luce? dalla velocità? da intenti quasi censori che preannunciano le pixelature di Photoshop?

Sorolla dipinge così: quasi dovesse rendicontare, con accenni al limite del didascalico, referenziale e sociologico, ma trasportato da una verve che supera già l’impressionismo e che lo rende assai moderno.
La mostra raccoglie solo qualche decina delle migliaia di opere realizzato dal pittore valenciano, ma vale davvero una visita (senza fretta). Andateci. •

cogliati@possibiliaeditore.eu