(immagine © Syndicat de défense des vins naturels)

di Samuel Cogliati

26 marzo 2020

Il dibattito sul cosiddetto “vino naturale” va avanti da anni. Se finora non si era riusciti ad accordarsi su una definizione né tra gli addetti ai lavori né tanto meno con i poteri pubblici, ora in Francia questo scoglio sembra superato.
La soluzione l’ha trovata il Syndicat de défense des vins naturels, fondato l’anno scorso, che in qualche mese di serrato confronto con la Direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (DGCCRF – la Repressione frodi d’Oltralpe) è riuscito a far legittimare la propria carta, una sorta di disciplinare interno. Ora la palla passa all’Institut national de l’origine et de la qualité (INAO), che dovrà a sua volta avallare l’iniziativa.

Il riconoscimento pubblico di questo iter è la vera novità. Per il resto, il Syndicat si è limitato a ricalcare sostanzialmente quanto già portato avanti da altri soggetti, quali ad esempio l’Association des vins naturels (AVN) o, in Italia, l’associazione VinNatur
I princìpi fondanti della carta sono semplici e chiari: solo uve biologiche certificate (o in conversione avanzata); vendemmia manuale; solo lieviti indigeni; niente additivi enologici né pratiche di forzatura brutale; unica eccezione, la possibilità di aggiungere fino a 30 mg/l di solfiti. Tuttavia quest’ultima opzione darà diritto a una certificazione “di ripiego”; i loghi da utilizzare per le bottiglie saranno infatti due: “Senza solfiti aggiunti”, oppure “<30 mg/l di solfiti aggiunti”. 

L’altro punto centrale della faccenda riguarda la natura dell’impegno e la comunicazione. Gli aderenti dovranno sottoscrivere una dichiarazione “sul proprio onore”; tuttavia saranno anche previsti controlli a sorteggio. Infine, sarà obbligatorio l’uso del logo sulle bottiglie e le informazioni fornite dall’azienda saranno messe pubblicamente online, in un’ottica di trasparenza.

E in Italia? Il presidente del Syndicat, Jacques Carroget, auspica una rapida estensione dell’iniziativa su scala europea. Per ora dunque, la dicitura “Vin méthode nature”, compromesso lessicale trovato per venire incontro alle richieste delle autorità, è un marchio privato riconosciuto ma non una normativa istituzionale pubblica. Verosimilmente il Syndicat dovrà cercare interlocutori e controparti all’estero. 
Al momento sono una settantina le etichette aderenti, ma l’obiettivo è raggiungere il migliaio di associati in tre anni, tra produttori, commercianti e appassionati. • 


Per approfondire il tema, può essere utile il mio libello Vini naturali. Che cosa sono?, disponibile in ebook e in cartaceo (di quest’ultimo sono attualmente sospese le spedizioni a causa dell’emergenza Covid-19).

cogliati@possibiliaeditore.eu