(La navigazione virtuale a 360° del Chianti Classico – fotografia © Giorgio Fogliani) 

Alessandro Masnaghetti presenta la nuova mappatura virtuale del Chianti Classico

di Giorgio Fogliani

ottobre 2020

Milano, 19 ottobre 2020, lunedì: la città è frastornata, il sole pallido, l’epidemia cresce; si parla di Dpcm, ordinanze, coprifuoco. Al Circolo filologico milanese, uno dei piccoli gioielli che la città seminasconde, il Consorzio del Chianti Classico organizza un seminario curato da Alessandro Masnaghetti (degustatore, editore e oggi soprattutto cartografo di territori viticoli) riuscendo nella difficile impresa di far concentrare per un paio d’ore una platea di ristoratori, enotecari e giornalisti su qualcosa che non siano incertezze e paure, ma geografia e vino.

Parlando di geografia e di vino chiantigiani si impone una specifica, nota ai più ma che giova ricordare: la geografia ci parla di Chianti, una regione della Toscana centrale, mentre l’enografia italiana ci restituisce due vini, il chianti e il chianti classico: solo quest’ultimo proviene dal Chianti, mentre il primo si produce fuori dai suoi confini.

Il vino, è noto, ha con la geografia un rapporto strettissimo, perché può (leggi: dovrebbe) trarre il suo nome dal luogo in cui nasce – e il chianti classico vanta, in proposito, lignaggio antico, provenendo da una zona delimitata ufficialmente nel 1716! Un rapporto stretto quanto delicato, messo in discussione e persino in pericolo negli scorsi decenni dall’avvento dei vini varietali1, ma oggi rinverdito: la narrazione attorno al vino pare anzi non poter prescindere, ormai, dal concetto di territorio, trasformato in una sorta di passepartout comunicativo. Con la concretezza ingegneristica che gli è propria, Masnaghetti deve invece aver pensato che il territorio fosse più utile disegnarlo, inverarlo, prima su carta (le sue mappe si trovano su enogea.it), poi su app per smartphone. L’ultima frontiera della sua cartografia è la navigazione virtuale, cioè la possibilità di esplorare interattivamente una zona vinicola sullo schermo di un computer, come si può vedere in questo progetto dedicato a Barolo.

Un lavoro simile, dedicato al Chianti Classico, è stato presentato in anteprima al Filologico di Milano, accompagnato da una degustazione di dieci chianti classico “annata” – escludendo cioè le tipologie riserva e la neonata gran selezione – provenienti da sottozone della denominazione diverse per altimetria, latitudine, geologia: si spazia quindi dalle alte colline di Làmole ai pendii più dolci della parte meridionale della denominazione, dal macigno toscano all’alberese, alla formazione di Sillano2.

(Alessandro Masnaghetti durante la presentazione – fotografia © Giorgio Fogliani)
(Alessandro Masnaghetti durante la presentazione – fotografia © Giorgio Fogliani)

Se la sfida a ritrovare nei bicchieri un controcanto alle caratteristiche dei singoli territori è, con alcune eccezioni, più ardua di quanto si creda (e sono persuaso che non debba diventare la preoccupazione principale del degustatore) la piccola orizzontale è utile per almeno due motivi.

Il primo è suggerire (anche se non si tratta di un campione statisticamente significativo) un’apprezzabile unità d’intenti e un buon livello medio per la tipologia: al netto degli stili aziendali, il chianti classico “annata”, cioè il più diffuso e rappresentativo, appare come un vino immediato, di una certa leggerezza ma non senza una qualche dose di comfort; in equilibrio tra frutto, freschezza, sapidità e una tannicità ben più che accennata, rifuggendo però eccessi muscolari ed estrattivi; la sua versatilità e la sua godibilità anzi me lo fanno preferire non di rado alle versioni prestige.

Il secondo motivo è la riflessione sul paesaggio condotta da Masnaghetti, che ci riporta al tema “vino e geografia”: mentre il discorso sul terroir rischia sempre più spesso di ridursi ai tecnicismi della geologia, nuovo mantra di certi ambienti enoici, un territorio va osservato, capito, percorso, e in qualche modo introiettato: ne vanno esaminati rilievi, idrografia, microclimi, elementi antropici. Per rimanere al Chianti, Masnaghetti fa notare l’orografia complessa, la forma delle valli, la pendenza dei declivi, i cambiamenti della vegetazione al mutare della geologia, l’impervietà di certe strade, la vastità dei panorami.
Una concezione olistica, di matrice umanista e di grande buon senso, non lontana, mi sembra, da quella che ispira i lavori di Possibilia. •


Qualche numero sul Chianti Classico DOCG (fonte: Consorzio)

• 70.000 ettari di cui circa 2/3 di bosco, 10.000 di vigneto, di cui 7.200 a Dop (di cui 40% in biologico)

• 8 comuni nelle province di Siena e Firenze

• Altitudine 200-800 mslm (viticoltura fino a 700)

• 35-38 milioni di bottiglie annue (media degli ultimi 10 anni)

• Venduto in più di 130 paesi (USA 34%, Italia 22%, Canada 10%, UK 7%)


Alcuni assaggi significativi

Chianti classico “Etichetta bianca” 2017 Lamole di Lamole
Interpretazione “spensierata”, quasi ammiccante: viola, lampone, arancia; vino di medio allungo, giocato sulla freschezza e l’impatto aromatico.

Chianti classico “Volpaia” 2018 Castello di Volpaia
Più unito e concentrato (mora, china); allungo, sapidità, consistenza.

Chianti classico “Ama” 2018 Castello di Ama
Compassato e manierato, giocato su un frutto quasi confit; acidità squillante ma un po’ a parte.

Chianti Classico “Pagliarese” 2018 Fèlsina
Il campione migliore della batteria ha stoffa, ritmo e un certo calore.

Chianti Classico 2018 Castagnoli
Giostrato sull’equilibrio: fiori ed erbe preludono a un vino fresco e reattivo, gradevolmente tannico.


1 Cioè dai vini chiamati col nome del vitigno, o varietà, da cui sono ottenuti; sono, spesso, vini concepiti per esaltare le sole caratteristiche del vitigno.

2 Cioè tre delle principali matrici geologiche del territorio chiantigiano.