(foto Dania Ceragioli)

Scienze giuridiche: la tutela del diritto d’autore
Quel quadro non mi piace più. È mio e ne faccio ciò che mi pare. Per la legge funziona così? Non proprio…

di Cecilia Trevisi

Passeggiavo per una via del centro della città, pensavo alla mia nuova casa e a come l’avrei arredata; quel giorno c’era un’esposizione di quadri all’aperto, ne vedo uno, mi piace, lo compero: è mio!
Passano gli anni, cambio casa, cambio gusti, quel quadro non mi piace più. Con il passare del tempo si è formata anche una leggera muffa intorno alla tela. Basta, decido di buttarlo. Posso farlo?

È curioso come in certe situazioni si creino dei conflitti di diritto per cui il prevalere dell’uno comporta necessariamente il soffocamento dell’altro. Gli esempi che si possono fare sono numerosi: si pensi alla libertà di informazione che in particolari casi prevale su altri diritti (la riservatezza, la reputazione ad esempio), o all’interesse pubblico capace di sacrificare quello privato (l’espropriazione per pubblica utilità). In termini tecnici si parla di bilanciamento di diritti finalizzato all’individuazione del giusto rapporto tra diritti in contesa. Rapporto che, inevitabilmente, cambia di volta in volta in base ad ogni singolo caso.

Situazioni di conflitto si possono creare anche nel rapporto tra proprietà e diritto d’autore per cui la libertà di un soggetto di disporre come meglio crede del proprio bene (ad esempio decidere di buttare il quadro) può essere sacrificata dalla prevalenza del diritto di un altro e diverso soggetto a far sì che quel bene venga conservato (l’autore del quadro).
Come spesso accade non esiste una regola in grado di stabilire a priori e una volta per tutte come ci si debba comportare in certe situazioni e come queste debbano essere risolte, ma esistono dei criteri interpretativi, dettati dalle norme giuridiche, che aiutano a risolvere il conflitto.

Nel caso del quadro (ma lo stesso discorso vale per le opere plastiche, fotografiche etc..) il proprietario ha tutte le ragioni di volersi disfare di un bene che non gli piace più: è suo e può farne ciò che vuole; ma dall’altra parte le norme sul diritto d’autore prevedono che l’autore “conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione” (art. 20 Legge 22 aprile 1941 n. 633).

La faccenda si fa complicata perché il legislatore mi sta dicendo che io posso mutilare, modificare, danneggiare un’opera di mia proprietà a patto che tali atti non si riverberino sull’onore o sulla reputazione dell’autore.
E qui si apre un altro problema: quali sono gli atti in grado di offendere la reputazione di un autore?

Se io butto il quadro nel cassonetto dell’immondizia l’autore non sarò certo contento di sapere che la sua creazione sia costretta a condividere lo stesso spazio insieme a bucce di banana, resti di insalata, cicche di sigarette e tutto quanto si trovi nell’immondizia e poi l’olezzo che promana dal cassonetto non è certo una “cornice” piacevole per un quadro.
Quindi? Devo pensare che così facendo sto offendendo la reputazione dell’artista? Che lo sto denigrando? E allora, sono costretto a tenermi il quadro per sempre? È vero che posso sempre riciclarlo ma, non si può certo dire che sia una soluzione.

In realtà se è vero che le norme giuridiche spesso sono lacunose e lasciano dei dubbi interpretativi, dall’altra parte le pronunce dei tribunali (la cosiddetta “giurisprudenza”) aiutano a trovare il bandolo della matassa.

Sul punto è stato detto che all’autore di un’opera d’arte vanno riconosciuti i danni se il proprietario decide di disfarsene o di rovinarla per futili motivi (in modo più tecnico “per motivi non apprezzabili”). In altri termini non posso buttare via il quadro o rovinarlo, mutilarlo solo per il gusto, il piacere di farlo o per soddisfare sentimenti capricciosi o addirittura un’antipatia per l’autore. Il mio gesto non sarebbe giustificato. Tali atti si rifletterebbero sulla personalità artistica e sulla reputazione dell’autore e sarebbero pertanto vietati.

(prove d’autore di Andrea Bucci – www.bucci-art.com)
(prove d’autore di Andrea Bucci – www.bucci-art.com)

Se da un lato nella maggior parte dei casi è molto difficile che si giunga ad una condanna del proprietario per aver distrutto integralmente l’opera, diversamente, per le ipotesi di “semplice” danneggiamento, mutilazione o incuria si tende a essere meno tolleranti.

Il Tribunale di Napoli, ad esempio, in una recente sentenza (settembre 2009) ha riconosciuto che vi fosse una lesione del diritto d’autore «nel caso di degrado dell’opera in conseguenza del trascorrere del tempo» e questo perché, secondo il parere del tribunale «il degrado può causare una lesione all’integrità dell’opera dell’arte figurativa ed influenzare negativamente la percezione dell’opera presso il pubblico e, quindi, costituire una lesione alla reputazione dell’artista».
Semplificando: fate attenzione alle eventuali incrostazioni di polvere (o di nicotina in casa dei fumatori) che si possono formare sui vostri quadri, soprattutto se sono esemplari unici, perché se l’autore se ne accorge vi chiede i danni per incuria.

Se poi l’opera in questione è un’opera d’arte oggetto di dichiarazione di interesse culturale in base al Codice dei Beni culturali (art. 13 D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42), dove per bene di «interesse culturale» si intende le cose immobili e mobili che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga a oltre cinquanta anni, oltre alla tutela offerta dall’art. 20 della legge sul diritto d’autore (per cui sono vietati la distruzione o il danneggiamento che possano essere pregiudizievoli all’onore dell’artista) sono previsti specifici poteri di intervento da parte del Ministero dei Beni culturali finalizzati alla conservazione di tali opere. Il Ministero ad esempio «può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali ovvero provvedervi direttamente» (art. 32 Codice dei Beni culturali).

Quindi se avete comperato un quadro di De Chirico la muffa sulla tela non potete proprio fargliela fare.

*Cecilia Trevisi è avvocato del foro di Milano esperta in proprietà intellettuale


 

Tre casi concreti
Il tribunale di Napoli nella sentenza del 9 ottobre del 2002 ha deciso che lo spostamento di un’opera d’arte ad opera del suo committente dal luogo in cui era stata collocata dall’artista (come previsto dal contratto) può dar luogo a lesione del diritto morale dell’autore, a norma dell art. 20 L. del diritto di autore, se dallo spostamento può derivare pregiudizio al decoro o alla reputazione dell’autore.

Il tribunale di Milano nell’ordinanza del 20 gennaio 2005 ha deciso che la violazione del diritto morale d’autore possa configurarsi anche nel caso di degrado dell’opera d’arte figurativa (quadro), in conseguenza del trascorrere del tempo. Tale violazione invece non sussiste se il proprietario dell’opera abbia assunto spontaneamente iniziative ai fini dell’individuazione delle modalità di restauro accordandosi con la soprintendenza per i Beni artistici ed abbia realizzato il restauro concordato con tale ufficio.

Il tribunale di Bologna nel 1995 non ha condannato il proprietario di un quadro ritenuto causa di influenze nefaste, a cui il proprietario aveva dato fuoco perché non erano stati dimostrati i futili motivi, pur riconoscendo valido il principio per cui un’opera non poteva essere danneggiata o distrutta semplicemente per capriccio.

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