(fotografia di Konstantin Kolosov)

di Samuel Cogliati

maggio 2021

Pratiche come l’agopuntura e l’EMDR (Eye movement desensitization and reprocessing) hanno da tempo dimostrato la loro efficacia nella cura di molti disturbi psicologici, funzionali, psicosomatici e altre patologie. Eppure una parte della comunità medica, accademica e scientifica continua a mostrare scetticismo o ostracismo nei loro confronti. 

David Servan-Schreiber, psichiatra e ricercatore di neuroscienze cognitive dell’università di Pittsburgh, scriveva nel 2003: «Ad oggi l’EMDR continua a essere descritto come un metodo “controverso” nella maggior parte delle cerchie universitarie americane, benché lo sia meno in Olanda, in Germania, in Inghilterra o in Italia. Alcuni universitari americani non hanno esitato a dire che l’EMDR è una “moda”, o una “tecnica di marketing”. Questo atteggiamento è sorprendente, da parte di scienziati rispettati, perché non poggia su alcun fatto. Credo che derivi soprattutto dal fatto che non sempre è possibile comprendere il meccanismo che conferisce all’EMDR la sua particolare efficacia. Si tratta di un fenomeno comune nella storia della medicina. Quando grandi progressi sono stati compiuti prima che una teoria fosse in grado di spiegarli, si sono scontrati sistematicamente con una violenta resistenza da parte delle istituzioni. Soprattutto se la cura era “naturale” o appariva “troppo semplice”»(1).

Oggi che la “naturalità” è diventata anche un grande business in molti settori – dall’alimentazione alla cosmesi, alla medicina – c’è probabilmente anche chi, pur mantenendo il proprio scetticismo (o la propria mala fede), si guarda bene dal deridere queste pratiche per sfruttarle commercialmente. 

Accade qualcosa di analogo con la biodinamica in agricoltura, malgrado i progressi compiuti nella dimostrazione della sua efficacia con metodo scientifico, oppure con l’aromaterapia o l’omeopatia in medicina. In quest’ultimo caso ad esempio trovo balzano e, a seconda dei punti di vista, irritante o buffo, che i farmaci omeopatici non possano comunicare attraverso i canali ufficiali le loro indicazioni terapeutiche, ma debbano per legge riportare la dicitura «senza indicazioni terapeutiche approvate», persino quando occorre una impegnativa medica per l’acquisto. 

Da secoli il metodo scientifico occidentale non deve più dimostrare la propria validità. Tuttavia c’è una parte di mondo che da ancor più tempo cura efficacemente alcune malattie con un diverso approccio. «Il palmarès della medicina occidentale – scriveva ancora Servan-Schreiber – è ineguagliato per le malattie acute come la polmonite, l’appendicite e le fratture. Ma è lungi dall’essere esemplare per quanto riguarda le malattie croniche, comprese l’ansia e la depressione…».

Non so nulla di medicina né di agricoltura, ma l’osservazione avanzata da Servan-Schreiber sulla cronologia considerata indispensabile alla validazione di un metodo o di una pratica – prima la comprensione dei meccanismi, poi la loro applicazione – mi pare per un verso condivisibile e per altro verso opinabile. Fermo restando l’importanza del principio di precauzione, specie in settori così cruciali, quando alcune sperimentazioni empiriche si dimostrano scientificamente efficaci pur senza trovare spiegazioni completamente soddisfacenti l’atteggiamento potrebbe essere più aperto, o quanto meno non censorio. Non abbiamo forse accolto con gioia l’immissione sul mercato di numerosi vaccini anti-Covid-19 per i quali non è stato interamente rispettato il cronoprogramma abituale nello sviluppo di questi farmaci? Non abbiamo imparato a usare lo zolfo come antisettico in enologia, facendo enormi progressi nella conservazione del vino, molto prima di comprenderne il funzionamento e molto prima di Pasteur? 

cogliati@possibiliaeditore.eu


(1) David Servan-Schreiber, Guérir le stress, l’anxiété et la dépression sans médicaments ni psychanalyse, Robert Laffont, Parigi, 2003, pp. 123 e 17; traduzioni mie. Edizione italiana Pickwick.