Onde, sabbie, lettini, rifiuti: è questo il territorio che vogliamo? 

di Samuel Cogliati

«Così stanno bruciando il mare / Così stanno uccidendo il mare / Così stanno umiliando il mare / Così stanno piegando il mare»
Lucio Dalla, Com’è profondo il mare, 1977

agosto 2017

Mancavo dal mare italiano da numerosi anni. Quest’estate ho deciso di trascorrere le mie vacanze in una meta nazionale, il cui mare è ampiamente lodato. Vi ho trovato una bella regione, panorami di notevole bellezza, piuttosto selvaggi, persone molto accoglienti, un mare diffusamente trasparente e ricco di colori e sfumature. Quanto basta per avere voglia di tornare in questi luoghi in futuro.

Ho trovato anche un certo numero di elementi meno confortanti. Spiagge ingombre di persone assai poco interessate all’acqua e al nuoto, ma molto più attente allo schermo del loro smartphone. Veri e propri traslochi domestici, comprendenti vettovaglie di ogni tipo e vari arredi portatili. Infine, costruzioni “provvisorie” sull’arenile, destinate a ristorazione e svago: dal piccolo chiosco dei gelati al vero e proprio ristorante ricercato, con stoviglie di design e prezzi da centro città. Poi noleggi di pattìni, pedalò, canoe, gonfiabili vari, musica ad alto volume e, naturalmente, distese di ombrelloni e lettini in locazione, con tariffari dettagliati degni della griglia di partenza di un gran premio di formula uno. L’importo quotidiano, moltiplicato per un paio di settimane, poteva corrispondere al bilancio dell’intera mia vacanza. Insomma: un armamentario che poco si attaglia agli scenari di un panorama spesso descritto come “incontaminato”.
Certo: la possibilità di reddito che una tale industria balneare porta alla popolazione locale è un argomento non trascurabile, degno di riflessione. 

Tuttavia, l’aspetto saliente di questa ventura è un altro. In ciascuna delle dieci o dodici spiagge visitate, quale che fosse la bellezza delle acque e del litorale, colpiva la quantità di rifiuti (cartacei, metallici, ma soprattutto plastici) abbandonati, provenienti dalla riva o dai natanti. Il recupero di quelli naufragati sul fondo può essere in effetti complesso, ma quello del pattume galleggiante o, peggio, sciabordante lungo la battigia, sarebbe di grande facilità. Invece, l’altra cosa che colpisce almeno altrettanto, è l’indifferenza delle persone, che non vedono o ignorano questo spettacolo. Anzi: sgranano gli occhi se ti vedono raccogliere sacchetti, bicchieri ed etichette, per accompagnarli gentilmente al più vicino cestino (puntualmente stracolmo). 
Senza dilungarmi su una trattazione infinita: davvero vogliamo – turisti e residenti – abituarci allo scenario di una discarica galleggiante o affondante che sta, anno dopo anno, prendendo il posto della flora e della fauna marine? 

Ascoltate e guardate Claudia Aru, Lillica Babajola:

cogliati@possibilia.eu