Vladimir Putin – Casa Rosada Argentina

di Samuel Cogliati

• 26 luglio 2021 • 

Dopo un 2020 da psicodramma la Champagne sta vivendo un’altra annata “singolare”. 

Iniziamo dall’economia, di cui emergono dati interessanti.
Se l’anno scorso si configurava come una calamità in termini di vendite, previste a –30% rispetto alla media, l’anno si è chiuso in realtà con una limitazione dei danni: “solo” –18%, con 244 milioni di bottiglie spedite, il tutto rintuzzato da un recupero spettacolare delle vendite nel primo semestre 2021, trainate da un rimbalzo nelle esportazioni mai visto (+50% rispetto allo stesso, lugubre periodo dell’anno scorso). 

Sempre sul piano economico, le notizie si fanno meno incoraggianti sul fronte diplomatico orientale. È di questo mese l’annuncio che una nuova quanto bizzarra e sorprendente legge russa del 2 luglio scorso vieta allo champagne di fare uso del proprio nome in etichetta: la Federazione guidata da Vladimir Putin, storico mercato di alta gamma per lo champagne (e in crescita persino nel 2020, con 35 mln di € di controvalore), intende avocare ai propri spumanti l’esclusiva del nome Champagne, ovviamente in caratteri cirillici. Scioccati, gli Champenois hanno in mano la carta dell’embargo verso Mosca sinché i negoziati non sbloccheranno questa esilarante situazione. Chi cederà? 

Poco male: dopo la tensione tra vignerons e maisons del 2020, che aveva portato a scontri inediti da mezzo secolo per via delle limitazioni imposte dal négoce alle rese massime, il tetto massimo autorizzato per quest’anno è già tornato ai livelli della consuetudine: 10.000 kg/ha, probabilmente con facoltà di sbloccare le riserve individuali messe da parte in cantina negli scorsi millesimi, se a settembre si riterrà che ve n’è bisogno. (Facile immaginare che i vignaioli siano doppiamente irritati, visto che nel 2020 erano stati costretti a cestinare quintali di uve di ottima qualità). 

Settembre sarà quest’anno un mese due volte cruciale: per la conferma dell’atteso sblocco delle riserve, appunto, ma anche per il verdetto su quantità e qualità del raccolto. Si prevede infatti una vendemmia verso metà mese, rompendo le recenti abitudini di vendemmie agostane, e riallacciando le fila di una tradizione autunnale novecentesca. 

Senonché sull’esito della nuova annata aleggiando mesti presagi: l’inizio dell’estate è stato “piovoso”, per usare un eufemismo, con picchi di precipitazioni da 100-130 millimetri in due o tre giorni a metà luglio. I danni? La peronospora che fa festa grande, marciume sui grappoli e in qualche caso terreni così imbevuti d’acqua da franare (con buona pace della retorica del terroir gessoso drenante).

Insomma, neanche nell’anno dell’agognata ripresa post-covid (sarà vero?) la Champagne ha il tempo di annoiarsi né di annoiare i propri appassionati osservatori. • 

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