(fotografia © Samuel Cogliati)

di Samuel Cogliati

1° maggio 2019

La città dove abito ha visto un progressivo ma palpabile cambiamento negli ultimi anni. Sempre più spesso gli spazi pubblici sono occupati da persone di origine straniera1, più avvezze per cultura o spinte dall’esiguità dei propri alloggi a godere la vita all’aria aperta. Conseguenza diretta di questa tendenza, o semplicemente fenomeno contemporaneo e contestuale, i residenti italofoni disertano sempre più piazze, strade, giardini, non senza qualche lagnanza.
A mia volta frequento poco gli spazi pubblici, più che altro per mancanza di tempo. Tuttavia la primavera mi ha recentemente spinto in qualche occasione a concedermi un momento di relax in un parco assolato. Ogni volta sono rimasto colpito dalla consistente presenza di immigrati, che è difficile pensare sia rappresentativa della composizione sociale del nostro comune.

Qualche settimana fa mi stupì l’apparente naturalezza con la quale adolescenti di origine italiana e pari età di provenienza africana o asiatica si accompagnavano nel loro tempo libero. Venticinque o trent’anni fa per la mia generazione sarebbe stato quanto meno insolito. Ricordo che, nelle mie scuole, i primi volti di etnie extraeuropee comparvero solo alle superiori.
Stamattina, approfittando di una piacevole giornata di sole, è stato invece il turno di un gruppo di uomini arabi, di varia età e in parte sovrappeso – di cui sono stato incapace di individuare la o le nazionalità originarie – a destare la mia curiosità. Si sfidavano a calcio in due formazioni di sei giocatori ciascuna, sul terreno neanche troppo malmesso di un parco di periferia, che il Comune ha dotato di porte. Attorno al campetto, diverse altre persone che parlavano vari idiomi: italiano, lingue slave, arabo. Due o tre ragazze correvano, in tenuta attillata e succinta, per il loro allenamento di jogging. Nei pressi, biciclette e motocicli dei giocatori ordinatamente parcheggiati.

La partita è iniziata con un ritmo indiavolato, per poi ovviamente andare imbolsendosi con il passare dei minuti. Livello tecnico medio-basso, ma carica agonistica apprezzabile. Diversi gol. Rumorosi i contendenti, a segnalarsi fuorigioco, contestare calci d’angolo o falli di mano. In più di mezz’ora nessun fallo, nessun infortunio, ma un continuo divertito vociare di Hamad e Moustapha. Numerosi e ricorrenti le risa, gli sfottò e le pacche sulle spalle. Proprio come si conviene a una partita di calcio. Però sorprendentemente composta e corretta. A incontro terminato, effetti personali e mezzi di locomozione recuperati, con deflusso disciplinato e piuttosto silenzioso, complice la stanchezza; diverse le ciabatte comparse al posto delle scarpe coi tacchetti, complici le vesciche.

Non so esattamente da che parte stiamo andando. Mi pare più che probabile che il mondo si sia avviato a una mescolanza etnica, religiosa, filosofica, politica, culturale senza ritorno. Quella delle merci è già completata da tempo. In un pianeta demograficamente sempre più saturo, economicamente sempre più iniquo, militarmente sempre più teso, climaticamente sempre più fragile, le migrazioni e le commistioni dei popoli saranno una realtà inarrestabile. Ci saranno problemi, difficoltà, scontri, attriti, incomprensioni, liti, soprusi, violenze, rappresaglie. Non sarà né facile né indolore. No, non è tutto così semplice né così bello. Ma non posso evitare di pensare che, se quel che i miei occhi vedono in situazioni come queste è almeno in parte indicativo della realtà, forse questi nuovi cittadini italiani ci aiuteranno a preservarci dai suv, dalla pay-tv, dagli aperitivi a 15 euro, dall’autoreferenzialità, dalla logica del “prima qualcuno”. Forse.

 


1 Le statistiche comunali davano, al 31 dicembre 2018, 14.403 residenti di origine straniera (il 17,7% del totale), 3.402 dei quali egiziani, 1.685 rumeni, 1.344 filippini, 1.166 peruviani, 928 cinesi, 897 ecuadoriani, 736 ucraini, ecc.