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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto www.giuseppesedilesu.com
VINO

Sedilesu: le spalle della Barbagia
Cannonau e un'insospettabile bianco di Mamoiada: solidità, umiltà e una raffinatezza da comprendere.

di Samuel Cogliati



maggio 2012

Giuseppe 80 anni, contadino da sempre, e Francesco 47 anni, perito agrario. Si presentano così i Sedilesu, viticoltori in Barbagia, nel cuore della Sardegna, anche se in realtà bisognerebbe aggiungere Grazia la sposa di Giuseppe, Rosa la moglie di Francesco, Salvatore e sua moglie Mariella, Antonietta e suo marito Emilio, e poi i loro figli, tredici in tutto, a comporre la grande famiglia.
Di questa famiglia abbiamo incrociato rapidissimamente solo qualche frammento, come si conviene alle fiere. Ma da ogni riga del suo sito internet (http://www.giuseppesedilesu.com/) traspira una salda e circostanziata fierezza che a noi, che ci vergogniamo di non conoscere la Sardegna, suona come il timbro giusto di questi luoghi.

Inutile insistere su ciò che non si sa. Dei Sedilesu diremo che coltivano la vite a Mamoiada dalla metà degli anni Settanta, dapprima per vendere lo sfuso all’interno del comprensorio, poi, dal 2000, con nuovo slancio verso una produzione di qualità. È l’ultimo decennio, fatto di nuovi impianti di cannonau, che ha cambiato il volto dell’azienda, pur caparbiamente ancorata nella tradizione, che per i Sedilesu significa «voler produrre un vino rispondente per tipologia e tipicità a quello che abbiamo “incarnato” fin dalla tenera età, che riconosciamo come “nostro vino”».

foto www.giuseppesedilesu.com

I 15 ettari vitati odierni ­ nelle località Muruzzone e Garaunele, a circa 600 metri d’altitudine ­ sono per 95% di cannonau coltivato ad alberello. Un terzo di vecchie viti (oltre 50 anni), con qualche filare centenario. Il restante 5% è dedicato a un autoctono bianco, chiamato granazza, che non potendo più rientrare nell’uvaggio del cannonau di Sardegna Doc, è vinificato a parte. Rese basse, tra 30 e 60 quintali/ettaro. Selezioni massali dov’è stato possibile e varietà di cloni altrove. In vigna, solo rame e zolfo. Se necessario, vendemmia verde. Acquisto di uve da appezzamenti seguìti direttamente.
In cantina, uso della gravità, solo lieviti indigeni, lunghissime macerazioni, pochi solfiti, malolattica spontanea, controllo della temperatura, lunghi affinamenti in legno (grande o barrique), poi in bottiglia.

Se queste informazioni ci sono riportate dai Sedilesu, ciò che sappiamo di certo è l’assaggio di due loro vini, che abbiamo degustato con calma e con il tempo che occorre loro. In particolare al cannonau 2009, ancora estremamente giovane, crudo, quasi rude, che ha avuto bisogno di diversi giorni di bottiglia per lasciarsi domare. Esplosiva, folgorante, di grande impatto invece la granazza, vino di eccezionale spessore che, se ha dettato subito la misura della sua imponenza, non ha flettuto di un millimetro, anzi continuando a crescere, nei giorni successivi. In entrambi i vini l’alcol, evidente, non inficia la bevibilità. E in entrambi i casi il vino sembra proprio fatto senza concessioni, riflettendo la coscienza e il gusto di chi lo produce.

foto www.giuseppesedilesu.com

La degustazione

“Perda Pintà” vino bianco Giuseppe Sedilesu [2010 non dichiarato]

Bel dorato pieno e intenso, luminoso.
Prime note ferrose, chiuso e asprigno, ma trapela una generosità di fondo; vivacità floreale e un tocco di rovere; combatte attivamente attorno a una sensazione acidula con l’ossigeno. Evidente bisogno di aria, nonostante non mostri devianze: inizialmente si ritrae quasi come un bianco settentrionale, su note vegetali e linfatiche affascinanti, poi escono una grande freschezza di lime e scorza di limone, ma anche note marine; affascinanti la complessità e il contrasto odoroso.
In bocca spariglia tutto: è subito generoso, arriva presto una sensazione dolce ­ tra la liquirizia e il caramello ­ ma di grande finezza e unità espressiva; l’alcol arriva dopo, preceduto da chiare e solide note amare, di agrumi canditi.
Il finale è di indubbio fascino, tra amaro prevalente (di nuovo la liquirizia) e una freschezza che si accompagna a una chiara alcolicità.
Vino di indubbio fascino: compatto, solare, eppure estremamente rigoroso. L’alcol è evidente, ma in nessun momento dà l’impressione di fare storia a sé. Una materia di elevata e piena maturità, un amaro sempre presente molto ben gestito. Vino a suo modo eccessivo, di perfetta collocazione sul foie gras o forse anche su alcuni frutti mare, o la carbonara. Nonostante la sorpresa in bocca, è un vino coerente. A giorni dalla stappatura si conferma di notevole eleganza e compiuta sensualità, anche se il rovere tende a riemergere.
[granazza di mamoiada 100%; 6-7 grammi di zucchero per 15,5% di alcol; lotto L01 10 11; sui 17 euro in enoteca]


foto www.giuseppesedilesu.com

Cannonau di Sardegna “Mamuthone” Giuseppe Sedilesu 2009
Rubino-granato di una certa concentrazione, non vivacissimo.
Impatto incredibilmente marino (alghe, pesce fresco), poi sotto si leggono note di frutta (mirtillo e mora) e una certa erbaceità; piuttosto chiuso, ma di bella freschezza. Il pesce domina ancora e il vino reclama aria, che quando arriva offre un po’ di ferro, ripropone i mirtilli e porta un certo rigore. Col passare dei minuti il naso tira fuori una bellissima, rilassata frutta, su un fondo lievemente affumicato.
In bocca il tannino si fa subito sentire ­ quasi impatta ­, poi arrivano una bella succosità e un sostegno acido di notevole potenza (anche grazie al ritorno del tannino, ancora ruvido). L’allungo è vigoroso e finisce su note di cacao e liquirizia. Un po’ sopra le righe l’amaro conclusivo.
Asciutto ma anche un po’ asciugante, è un vino energico, ruspante nella sua indomita tannicità, verace, solido e un po’ estratto. Ancora molto giovane, certamente pieno di linfa. Come il bianco Perda Pintà dà l’idea di essere ancora trattenuto, ma la naturalezza della materia prima appare chiara. Un’estrazione forse eccessiva gli conferisce quel troppo di rusticità di cui non ha bisogno.
Gli servono diversi giorni di bottiglia aperta per limare parte di questa ruvida rudezza, ingentilirsi e trovare quindi un’espressione più aggraziata (fiori, catrame, canditi, spezie, note marine), insieme a una maggior delicatezza di tannino. Indizio di lungo potenziale di invecchiamento.
[cannonau 100%; 14,5% di alcol; sui 15 euro in enoteca]



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