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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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VINO

Trento Doc, la ricerca di un'identità
Carrellata di assaggi tra sorprese, dubbi e alcune perplessità.

di Giorgio Fogliani



gennaio 2015

La recente degustazione dedicata al Trento Doc tenuta all’hotel Westin Palace di Milano e promossa da Ais Milano mi ha dato vari spunti. Si è rivelata importante per il numero delle aziende presenti (21), di una denominazione che sta conoscendo una stagione felice in un’Italia che sempre di più guarda al metodo classico.
Sono andato a fare qualche assaggio, nella speranza di farmi un’idea un po’ più solida e ho degustato i vini di una decina di produttori.
L’istituto Trentodoc rivendica un’identità montana (“bollicine di montagna”, si legge sulla homepage www.trentodoc.com), anche se l’area di produzione è molto eterogenea e le altitudini variano, grosso modo, dai 194 mslm di Trento agli 851 di Grumes. Difficile, di conseguenza, pensare a un’omogeneità dal punto di vista del clima e dei suoli.
Come è noto, la denominazione è dedicata agli spumanti metodo classico bianchi e rosati, prodotti a partire dai vitigni chardonnay, pinot nero, pinot bianco e pinot meunier (questi ultimi due autorizzati, ma che non ho trovato nei miei assaggi), con una netta prevalenza dello chardonnay. La permanenza minima sui lieviti è di 15 mesi, ma il chiaro indirizzo di molti produttori e dell’Istituto stesso – lo si legge spesso sui loro siti – è di prolungare il tempo della sosta.
Quest’ultima tendenza è risultata evidente anche dalle cuvée che la maggior parte dei produttori ha scelto di presentare a Milano. Sorprendentemente, in molti casi erano assenti i vini “base” – brut sans année o millesimi recenti – a fronte di una certa quantità di “riserve”, esito di diversi anni sur lies.
Un’altra tipologia in cui mi sono imbattuto molte volte è quella dei pas dosé, che negli ultimi anni sembrano riscontrare un crescente favore presso pubblico e critica, e cui i produttori trentini sembrano tenere molto: un tipo di prodotto che da eccezione sembra si stia trasformando in regola e che, più del brut, richiede(rebbe) uve assolutamente impeccabili e una lavorazione estremamente accurata. L’assenza di zuccheri nel dosaggio restituisce al vino le sue caratteristiche organolettiche peculiari, mettendole a nudo. Nel bene come nel male.
Sono uscito dalla degustazione con sensazioni ambivalenti: se alcune bottiglie degustate si sono rivelate davvero interessanti, molte altre mi sono sembrate non abbastanza equilibrate: acidità mordenti, effervescenze eccessive, chiusure di bocca “pesanti”, a volte tendenti all’amaro, l’impressione di affinamenti e dosaggi non sempre padroneggiati alla perfezione e un’idea generale di scarsa precisione, per non dire, in qualche caso, poca finezza. A farne le spese è, prima di tutto, la bevibilità. In qualche caso ho apprezzato maggiormente le cuvée meno elaborate, quasi che affinamenti e lunghe soste sui lieviti stancassero i vini anziché renderli più eleganti. Le sboccature piuttosto recenti (pochi mesi) non mi hanno aiutato a coglierne l’espressione migliore.
Non mi hanno convinto, in linea generale, i rosé, peraltro presentati da quasi tutti i produttori, ottenuti il più delle volte da assemblaggi in cui domina nettamente il vitigno a bacca bianca; non mi hanno conquistato né il colore, né la struttura, né il profilo aromatico, per una complessiva mancanza di personalità.
Né, infine, sono riuscito a individuare davvero la specificità, la cifra espressiva di un terroir, anche perché parlare con i produttori di esposizioni, climi e terreni non è stato sempre facile, complice probabilmente il format dell’evento.
Ecco alcuni dei migliori trento doc degustati:

Moser
“51,151”
90% chardonnay, 10% pinot nero, 3 anni sui lieviti, dosato a 5,5 g/l

Naso sull’uva e gli agrumi, elegante e semplice; acidità spiccata e prolungata per un vino di complessiva buona bevibilità. Il 20% del vin clair è affinato in legno, a conferire probabilmente una certa finezza, ma senza appesantire.

Pedrotti
Brut 2009

90% chardonnay, 10% pinot nero

Bel naso sulla mela matura, entra in bocca in modo molto piacevole grazie anche a un perlage fine; bella sapidità ma chiusura leggermente condizionata da un po’ di pesantezza. Resta comunque uno spumante goloso.

Pas dosé riserva 2007
90% chardonnay, 10% pinot nero

Naso più espressivo del precedente, più fine e più complesso, arricchito da sentori iodati e rocciosi. In bocca ci sono un po’ meno freschezza e una sapidità più percettibile e persistente. Di indubbio carattere, perde un po’ in equilibrio ed è più uno spumante da pasto che da aperitivo.

Maso Martis
Pas dosé 2009

70% chardonnay, 30% pinot nero

Naso di buona eleganza e profondità, sulla frutta matura, bianca ma arricchita da un tocco di frutti rossi e da note più evolute; la bocca è giocata sulla sapidità, con un buon equilibrio e un bel finale.

Opera vitivinicola in Valdicembra
Brut 2009 e Brut Nature 2009

100% chardonnay

Profilo decisamente diverso da quello degli altri produttori degustati; siamo in Val di Cembra, a 600 mslm, su terreni di porfido e calcare con un’ottima escursione termica. La freschezza, la pulizia e la “semplicità” dei profumi risaltano immediatamente: non si percepisce, come altrove, la ricerca ossessiva di una complessità che finisce per risultare artificiosa, ma un’espressione più pura, di frutta fresca e di fiori, con un tocco tropicale nel Nature. In bocca sono freschi, equilibrati e hanno un tocco elegante e “leggero”, senza per questo perdere persistenza. Le basi sono vinificate in solo acciaio e i vini non hanno svolto la malolattica.

Abate nero
Brut

100% chardonnay

Naso ricco di pesca e albicocca mature con un tocco tropicale, bella espressione di chardonnay; in bocca ha morbidezza ed equilibrio, e un finale elegante.

Fratelli Pisoni
Nature 2009

100% chardonnay

Naso semplice ma fine e abbastanza goloso, sull’albicocca e l’uva. Buona bevibilità, articolata su una notevole freschezza e una chiusura elegante. Non altrettanto preciso mi è parso il Brut.

Altri vini degustati non mi hanno convinto del tutto; o perché scomposti e poco eleganti, come accennato, o semplicemente perché troppo simili gli uni agli altri e dunque di modesta personalità:
Pedrotti rosé 2010 (75% chardonnay, 25% pinot nero)
Maso Martis brut rosé 2010 (100% pinot nero)
Maso Martis riserva 2007 (70% pinot nero, 30% chardonnay – in barrique)
Letrari riserva (60% chardonnay, 40% pinot nero)
Fondazione Edmund Mach Riserva del Fondatore 2009 (60% chardonnay – in barrique –, 40% pinot nero)




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