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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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foto NASA/JPL/Cornell
Nuvole/2: A spasso per il Sistema Solare. E oltre

Altri cieli, altre nuvole
Viaggio tra le nubi di acido solforico di Venere, i cirri ghiacciati di Marte e le nevicate di metano su Titano.

di Andrea Pacifici

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Siamo abituati a vedere un cielo blu più o meno solcato da nuvole. A volte sembrano assenti, a volte sono così spesse e dense che non ci permettono di vedere il Sole o le stelle. In pratica le nuvole sono parte integrante del nostro cielo. Ma se andassimo su un altro pianeta le troveremmo? La domanda può sembrare banale e un po’ naïf, ma per i planetologi la presenza di nuvole dice molto sull’evoluzione geologica e sulla condizione climatica di un pianeta. Le sonde che abbiamo inviato a studiare i corpi del Sistema Solare ci hanno mostrato la presenza di nuvole nei cieli della maggior parte dei pianeti e, in un caso, di un satellite. Alcune di queste le abbiamo studiate, altre solo fotografate. Di che cosa sono composte? Qual è la loro origine e che cosa significa la loro presenza?

Le nuvole del nostro cielo
Per dare una risposta a queste domande dobbiamo prima comprendere che cosa siano le nuvole che siamo abituati a vedere nel nostro cielo, da cosa si originano e come. Le nubi della Terra sono masse formate da minuscole goccioline d’acqua o da piccolissimi cristalli di ghiaccio sospesi nell’atmosfera. Si originano principalmente dall’evaporazione dell’acqua del mare, ma anche dei laghi, dei fiumi, dei ghiacciai, dall’evapo-traspirazione delle piante, e costituiscono una porzione fondamentale del ciclo dell’acqua.
Forse non tutti sanno, invece, che non è chiaro da dove provenga l’acqua che si trova sulla Terra. Secondo alcuni geologi sarebbe stata immessa nell’atmosfera terrestre durante le eruzioni vulcaniche, secondo altri si sarebbe già formata durante la fase di raffreddamento del pianeta, quando le sostanze volatili presenti nelle rocce migrarono verso l’esterno formando l’atmosfera. Un’altra ipotesi molto suggestiva sostiene che l’acqua sia arrivata sulla Terra trasportata dalle comete, costituite principalmente da rocce e polveri cementate da ghiaccio d’acqua oltre ad altre sostanze ghiacciate, come metano, anidride carbonica, monossido di carbonio e ammoniaca.
La presenza di acqua sulla Terra, tuttavia, non basta a spiegare la presenza di nuvole nel nostro cielo. Infatti è necessario che l’atmosfera abbia valori di pressione e temperatura che permettano la presenza di acqua sotto forma sia gassosa (per evaporare), sia liquida e/o ghiacciata per formare le nuvole. Queste condizioni sono assicurate da diversi fattori. La Terra ha una massa abbastanza grande da trattenere un’atmosfera sufficientemente densa per avere acqua liquida, e orbita a una distanza dal Sole tale che la sua atmosfera non è troppo calda né troppo fredda, altrimenti l’acqua sarebbe tutta in forma di vapore o di ghiaccio. Infine, ma non meno importante, la Terra ha un campo magnetico capace di impedire al vento solare di spaccare le molecole d’acqua dell’atmosfera in ossigeno e idrogeno e quindi di “soffiarle via”. Una serie di combinazioni non da poco.

foto NASA/JPL/Malin Space Science Systems

Le nuvole di Venere
Anche sugli altri pianeti del Sistema Solare devono coesistere diversi fattori affinché vi siano nuvole. Il primo, sembra banale, è che il pianeta abbia un’atmosfera. Mercurio, il primo pianeta del Sistema Solare, è l’unico a non averne una e quindi non ha nuvole nel suo cielo. Venere invece, secondo pianeta per distanza dal Sole, ha un’atmosfera molto più densa di quella terrestre, costituita da anidride carbonica, diossido di zolfo, azoto e una piccolissima quantità di vapore acqueo. Sulla superficie di Venere la pressione atmosferica è circa 92 volte quella che si ha sulla Terra (paragonabile alla pressione a 1.000 metri di profondità sotto il mare) e la temperatura è di circa 460°C. L’atmosfera è così densa che dalla superficie non si vede mai il Sole ma solo una luce diffusa. È impossibile pensare che esistano nuvole come quelle terrestri in queste condizioni estreme, favorevoli tuttavia alla presenza di altri tipi di nubi.
Immaginando di essere sulla superficie di Venere e di guardare in su vedremmo solo una foschia giallognola, al di sopra della quale, non viste, imponenti masse nuvolose solcherebbero il cielo a 360 km/h. Queste nuvole sono costituite da goccioline di acido solforico e sono distribuite su tre strati, compresi tra 48 e 70 km di quota. Da queste nubi si possono originare anche piogge di acido solforico, che però non raggiungono mai il suolo, perché a 48.000 metri dalla superficie di Venere la temperatura è così elevata che le goccioline evaporano mentre cadono, formando una fitta foschia.
A differenza delle nuvole terrestri, formate dalla condensazione del vapore acqueo che si raffredda a mano a mano che sale di quota, quelle di Venere sono dovute a reazioni chimiche che avvengono fra l’anidride solforosa e l’acqua e innescate dalla luce solare nell’alta atmosfera, o dal calore nelle regioni sottostanti.

Le nuvole di Marte
Marte, quarto pianeta del Sistema Solare, è tra tutti quello che più assomiglia alla nostra Terra. Benché abbia un diametro di circa la metà e una massa pari all’11% della Terra, ha una composizione geologica, una tipologia di tettonica e processi di erosione e sedimentazione che si avvicinano a quelli del nostro pianeta. La sua atmosfera, composta da anidride carbonica per il 95% e da altri gas, tra cui acqua per lo 0,03%, è molto meno densa e calda di quella terrestre, con pressioni alla superficie di 6 millibar (la stessa che c’è sulla Terra a 30 km di altitudine) e temperature che vanno da -140°C ai poli fino a un massimo di 20°C all’equatore. Anche se nell’atmosfera marziana c’è acqua, le condizioni di pressione e temperatura non permettono la presenza di acqua liquida, ma solo in forma di vapore o di ghiaccio.
Marte ha due calotte polari composte sia di ghiaccio d’acqua che di ghiaccio di anidride carbonica. Il suo asse di rotazione è inclinato di un angolo molto simile a quello dell’asse terrestre, un giorno dura circa 24 ore e un anno circa 680 giorni. Per questi motivi, su Marte c’è un’alternanza di quattro stagioni come sulla Terra, ma lunghe il doppio. L’avvicendarsi di queste stagioni causa importanti variazioni climatiche a livello planetario. Durante la primavera, la porzione della calotta polare settentrionale formata da ghiaccio secco lentamente sublima, cioè passa direttamente dallo stato solido a quello gassoso, aumentando la pressione atmosferica. Ne nascono forti venti e violente tempeste di polvere, mentre sulla calotta polare meridionale si hanno nevicate di ghiaccio secco. Durante l’autunno, il ciclo si inverte, e questa alternanza costituisce il motore principale della circolazione atmosferica di Marte.
Oltre a questi fenomeni climatici, nel cielo di Marte si osservano spesso nuvole formate da piccoli cristalli di ghiaccio d’acqua, simili a quelle delle regioni superiori del nostro cielo, anche se molto più rarefatte. Si vedono anche foschie nelle zone più depresse e nubi orografiche vicino alle vette più alte. Le nubi orografiche si formano quando masse d’aria sospinte dai venti sono costrette a risalire lungo i fianchi delle montagne fino a raggiungere quote dove il vapore acqueo passa allo stato solido, formando nuvole di cristalli di ghiaccio. Nel caso di Marte, questi rilievi sono i vulcani delle regioni di Tharsis e Elysium, i più grandi del Sistema Solare. Tra di essi, il Mons Olympus, con i suoi 27.000 metri, è la più alta montagna conosciuta.
Su Marte, come ci hanno mostrato molte delle sonde che vi sono atterrate, potremmo vedere quindi un cielo di colore rosato, anziché azzurro come il nostro, con nubi sottili simili ai nostri cirri. Ma generalmente il cielo è così limpido che dalla superficie si vede la nostra Terra. Ai poli invece, nella stagione più fredda, potremmo trovarci sotto una fitta cappa di nubi, mentre fiocchi di ghiaccio secco ci nevicano attorno.
Tuttavia, su Marte in passato le condizioni climatiche dovevano essere ben differenti da quelle attuali, con un’atmosfera abbastanza densa e calda da permettere la presenza di acqua liquida e quindi di piogge, come testimoniano le tante strutture analoghe a fiumi e laghi. È probabile che per un certo periodo della sua storia, Marte ospitasse anche un oceano. Molto probabilmente, tutta quest’acqua non si osserva più per due fattori: il primo è che il pianeta si trova adesso in una fase climatica più fredda, legata a cause sia orbitali che geologiche; il secondo è che, a differenza della Terra, non possiede un campo magnetico capace di deviare il vento solare, e le molecole d’acqua presenti in atmosfera sono state progressivamente rotte e “soffiate via”.

foto NASA/
Johns Hopkins University
Applied Physics Laboratory/
Southwest Research Institute/
Goddard Space Flight Center

I giganti gassosi
Allontanandoci ancora un po’ dal Sole, oltre la fascia degli asteroidi, troppo piccoli per avere un’atmosfera vera e propria, ci sono i grandi pianeti gassosi: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Questi pianeti hanno atmosfere molto spesse e dense, costituite principalmente da elio e idrogeno, oltre che da sostanze come ammoniaca, metano, zolfo, acqua e altri composti in percentuale minore. Non è ancora chiaro se tutti e quattro questi pianeti abbiano un nucleo solido o solo liquido. Comunque sia, per loro è impossibile immaginare una crosta solida da cui osservare un cielo solcato da nuvole: le atmosfere sono così spesse e dense che la luce solare non penetrerebbe così in profondità. Dalla loro superficie, liquida o solida che sia, vedremmo solo buio intorno a noi. Tuttavia, grandi masse nuvolose sono visibili dall’esterno.
Giove ha un’atmosfera suddivisa in bande parallele all’equatore, e nubi formate da ammoniaca e idrosolfuro di ammonio, oltre a enormi vortici ciclonici e anticiclonici, il più grande dei quali è la famosa grande macchia rossa. Tra le nubi di Giove, la sonda Galileo ha osservato temporali con fulmini decine di migliaia di volte più intensi di quelli terrestri.
Saturno ha un’atmosfera simile a quella di Giove, anche se con bande e vortici meno evidenti. Questo non significa che ci sia meno energia: anche su Saturno sono state osservate nubi temporalesche, fulmini e venti che all’equatore soffiano fino a 1.800 km/h.
Urano ha formazioni nuvolose considerate tra le più brillanti tra quelle osservate nel Sistema Solare esterno, e formate probabilmente da cristalli di metano. Nettuno è caratterizzato da sistemi tempestosi estremamente dinamici, con macchie scure e chiare simili alla grande macchia rossa di Giove, anche se più piccole, accompagnate da nubi formate da cristalli di metano e altre sostanze.

Le nuvole di Titano
La maggior parte dei satelliti dei pianeti del Sistema Solare, come la nostra Luna, non ha un’atmosfera. Alcuni ne hanno una estremamente tenue, come i satelliti di Giove Ganimede, Callisto, Europa, Io, i satelliti di Urano Miranda e Titania, e il satellite di Nettuno chiamato Tritone. Ma il più grande dei satelliti di Saturno, Titano, possiede una vera atmosfera.
L’atmosfera di Titano è costituita da azoto (98,4%), metano (1,4%) e piccole quantità di numerosi altri gas. Ha un colore giallognolo dovuto a spesse nebbie che impediscono di vederne la superficie, e che sono formate da sostanze organiche originate dall’interazione tra il metano atmosferico e la luce ultravioletta emessa dal Sole. La pressione al suolo è circa una volta e mezza quella sulla Terra e la temperatura media è attorno a -180°C. A queste condizioni di temperatura e pressione il metano può trovarsi in forma gassosa, liquida e solida, come accade per l’acqua sulla Terra. Questo comporta che su Titano esista un ciclo del metano, analogo al ciclo dell’acqua a cui siamo abituati sul nostro pianeta e capace di dare origine a laghi e fiumi di metano, nuvole di metano e, naturalmente, piogge (e forse nevicate) di metano. Visto dalla superficie di questo satellite, quindi, il cielo appare di un colore giallognolo, sempre coperto da alte foschie. Ma talvolta, nei giorni di pioggia, è attraversato da bianche nubi di metano.

foto NASA/JPL/Space Science Institute

Oltre il Sistema Solare
Negli ultimi 15 anni sono stati scoperti oltre 400 pianeti orbitanti attorno a stelle diverse dal Sole. Questi pianeti, chiamati esopianeti o pianeti extra-solari, sono troppo distanti da noi (da decine a migliaia di anni luce) per essere osservati direttamente, ma la loro presenza è testimoniata dalle perturbazioni che inducono sulla posizione e la luminosità delle stelle attorno a cui orbitano. La maggior parte di questi corpi è simile ai giganti gassosi del nostro Sistema Solare, come Giove o Saturno, ma alcuni di essi sono di tipo roccioso, come la Terra o Marte.
Benché gli esopianeti siano troppo lontani per essere raggiunti e fotografati da sonde automatizzate, le analisi spettrali delle loro atmosfere potranno fornire informazioni sulle loro proprietà e dirci se vi possano essere condizioni adatte alla vita. Così, anche se non saremo mai in grado di vedere le loro nuvole, potranno essere i loro cieli a dirci se c’è altra vita nell’universo.

Andrea Pacifici vive e lavora a Lucca. Ha una laurea in Geologia e un dottorato di ricerca in Scienze planetarie. Si occupa di telerilevamento e geologia sia per la Terra che per gli altri corpi del Sistema Solare

     
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