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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
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foto di Ferdinando Baron
Londra e i suoi canali

Il sogno acquatico di Dickens
Tra Lee e Tamigi: ecco come si navigava e si navigherà prima e dopo le olimpiadi 2012.

di Ferdinando Baron

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Vanta numerosi canali, ma non è Venezia. Lungo le vie d'acqua si nota qualche boat house, pigramente ancorata alle rive, ma non è Amsterdam. Ha in parte interrato alcune delle sue vene azzurre, o ne ha lentamente lasciato degradare le sponde, ma non è Milano. E da poco le ha riscoperte come luoghi del passeggio e del benessere, strappandole ai fantasmi delle industrie chiuse e dei capannoni vuoti.
C'è una Londra intima, quasi segreta, che i turisti ignorano, i londinesi faticano a riconoscere, ma capace di rivelare uno dei suoi tanti volti.
Londra è una città acquatica, a partire dal suo grande padre, il Tamigi. Una miriade di affluenti è sparita, inghiottita dalle strade; altri sono stati trasformati in canali navigabili, che attraversano l'area del centro e dell'East End. Un sistema di trasporti, prima di tutto, caduto in disuso definitivamente negli anni Cinquanta del Novecento, ma che il pragmatismo - di cui la gente in riva al Tamigi è ben fornita - sta riscoprendo come rete di mobilità lenta e piacevole. Come scenario per pub, ristoranti e festival. Come luogo di ricucitura tra le zone della città o di nuova residenza “di qualità”.

Le olimpiadi acquatiche
L'occasione d'oro che si è presentata alla cosmopolita Londra per ripensare le sue vie d'acqua sono le olimpiadi del 2012. La scelta del sito dove costruire le infrastrutture, a nord dell'East End, tra Stratford e Hackney, nel cuore della valle del fiume Lee, è di per sé un omaggio all'acqua. Qui, infatti, la prima industrializzazione - tra Sette e Ottocento - trasformò questo affluente del Tamigi da forza motrice dei mulini e via di trasporto in canale industriale navigabile (i primi documenti del Parlamento inglese che regolamentano l'attività delle barche sul fiume risalgono al XVI secolo).
Oggi Londra conta più di 160 chilometri di canali e fiumi, oltre ai bacini artificiali che fungevano da porti, nella parte sud dell'East End: il Limehouse basin, l'Isle of the dogs, Canada Water, Canary Warf e altre zone, un tempo parte dell'immenso porto, sono ora zone residenziali di lusso, sedi di uffici e di spazi dedicati al tempo libero. Al posto delle navi cargo attraccano gli yacht e le barche a vela e a motore. Londra ha riconvertito alla creatività e agli affari finanziari il porto commerciale, e l'ha dotato di una rete di trasporti, una grande spina dorsale: la Dlr (Docklands Light Railways, cioè “ferrovia metropolitana leggera dei Docks”), metropolitana automatica senza conducente, su viadotti.
Qui si trovano il sito olimpico e il fiume-canale che l'attraversa. Il Lee arriva a Londra da Luton, e diventa un canale nei pressi di Hertford. Oggi tutto le sue rive sono percorribili a piedi lungo dalla sorgente alla foce. A monte del sito olimpico, il Lee ha un aspetto tendenzialmente rurale, ed è tutelato dal parco del Lee. Immettendosi nell'area olimpica, si trasforma nel canale navigabile che è servito alle industrie e la qualità dell'acqua peggiora visibilmente. Le fabbriche sono chiuse da tempo, ma questa canalizzazione è servita a trasportare materiale da costruzione e ad asportare terra dal sito olimpico, riducendo l'impatto ambientale dei cantieri. Il cuore del progetto prevede che il canale sia lo scenario centrale: sul Lee si affacceranno gli impianti, il villaggio per gli atleti e quello dei giornalisti. Il fiume sarà ripulito e la sua acqua alimenterà le piscine, ospitando le gare olimpiche di canottaggio. Poi, quando la maggior parte delle infrastrutture sarà eliminata, rimarrà al centro del parco come fiume riportato alla vita, grazie ai primi giochi estivi pensati per essere ecosostenibili.
Quest'area è stata scelta perché si trova a nord dei Docks, in una parte di Londra da riqualificare. E proprio il Lee è il cordone ombelicale che unisce queste due aree della capitale inglese. I Docks, fin dagli Settanta, hanno cambiato pelle. Ora tocca alle aree industriali dismesse e ai vecchi quartieri operai. Una passeggiata lungo il Lee, dunque, diventa un documentario di storia futura e di un recente passato della Londra produttiva prima e innovativa adesso.

Lungo il Lee
Già oggi, chi vuole percorrere a piedi l'intero tracciato olimpico, può usare la greenway ciclopedonale che attraversa l'area di cantiere e si collega al Lee, poco distante dalla stazione dell'Overground di Stratford. Siamo ancora di fronte a un cantiere, ma le sorprese maggiori arrivano proseguendo verso i Docklands: un tuffo nel passato, nelle pagine di Charles Dickens dedicate alla Londra operaia. Dietro entrambe le sponde, sorgono fabbriche risalenti alla fine del Settecento e ai primi anni del XIX secolo. Opere di mattoni e ferro, con il tetto a shed degli stabilimenti imitato in tutto il mondo e adottato anche nei cartelli stradali per segnalare le zone industriali. Oltre Carpenter's road (un nome tutt'altro che casuale), il canale incontra l'Hertford Union Canal. Girando verso l'Hertford, si raggiunge il Victoria Park, uno dei più antichi di Londra. Qui si incontrano zone residenziali con pittoreschi cottage, ma anche moderni appartamenti. E Londra riprende il suo aspetto British.

Ma pochi passi più in là, entrando in Roman Road, si respira l'aria multietnica della Londra del XX secolo: negozi che vendono burqa e botteghe di kebab, parrucchieri italiani, supermarket inglesi e negozi di vestiti gestiti da pachistani. In pochi metri, gli eredi dei sudditi dell'Impero britannico nei cinque continenti vivono gomito a gomito, vetrina accanto a vetrina.
Lungo il Lee, invece, continua il romanzo di Dickens, finché, rientrando nella città, quelle vecchie fabbriche diventano studi televisivi, loft di architetti, café di successo. Lo scenario sta cambiando: sorgono appartamenti di lusso, richiamo del sito olimpico che sta facendo mutare pelle al borough (il quartiere). Questa lunga passeggiata arriva fino ai Docks, il “grande ventre” londinese che ingoiava merci da tutto il globo. Si può costeggiare il Limehouse cut - il taglio realizzato per collegare il Lee al bacino del Limehouse, direttamente sul Tamigi. Una scorciatoia tra le fabbriche del Lee e i bacini di partenza delle navi, e viceversa.
Oggi il Limehouse basin è un porto turistico, circondato da palazzine residenziali, all'ombra dei grattacieli di Canary Wharf, l'unico tratto di Londra che evoca Manhattan. Anche qui, strade larghe e centri commerciali alla base dei palazzoni sedi di banche e assicurazioni, frastornano il camminatore, che ha ancora negli occhi le casette vittoriane da un lato e la Londra monumentale della City, di Saint Paul e di Westminster dall'altro.

Ferdinando Baron, giornalista professionista dal 2003, cronista e narratore, è corrispondente del Corriere della Sera per il Nordmilano

     
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