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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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Economia (?)

La crisi del 2011. Maddeché?
To spread or not to spread? Is that the question? Ma ci faccia il piacere!

di Samuel Cogliati


La fiammata autunnale 2011 di una crisi che il mondo vive da tre anni (e che non era difficile avvistare molto prima) resterà probabilmente nella Storia come paradossale. Un paradosso perché nessuno riesce a capire che cosa stia succedendo, mentre sta succedendo tutto. Nessuno tra i cittadini “comuni” ma, viene il sospetto, forse nessuno tra i grandi tecnici specialisti dell’economia.
Da molte settimane si ripete che la crisi monetaria di quest’autunno è innanzi tutto un problema di fiducia e di credibilità sull’euro e sull’Europa. Ma questa fiducia e questa credibilità sono crollate all’improvviso? E perché? Di questo si parla davvero poco ­ forse perché qualcuno ha la coscienza sporca.

Le parole d’ordine (o di disordine) dell’autunno nero sono spread, bund, Btp, default, debito, Bce, triple A, tassi d’interesse... Tutte parole che non comprendiamo, ma che dominano il nostro futuro. Sarà anche sempre stato così nella Storia, ma è grottesco, e non si può aspettarsi che le persone lo accettino. Che cosa c’entrano con i salari, il potere d’acquisto, il lavoro, la fatica, il bilancio familiare... tutte parole che comprendiamo benissimo? Qual è la colpa dei cittadini/contribuenti? Che cosa facciamo oggi che non facevamo uno o due anni fa? Qual è il rapporto di causa-effetto tra tutti questi numeri e l’economia reale? Che cosa vogliono i mercati, e che titolo hanno per esigerlo? Ogni tanto qualcuno si avventura a parlare di speculazione: l’Europa ­ oltre 300 milioni di abitanti e lavoratori ­ sono davvero in mano alla speculazione finanziaria senza che i suoi governi possano farci nulla? E se sì, a che servono?
Tutto questo è, di fatto, incomprensibile. E dunque molto preoccupante. Tentazioni nazionalistiche, anti-europeistiche, populiste, se non xenofobe si sono già riaffacciate... E tutto questo era facilmente prevedibile, se persino noi, che non siamo né sociologi né economisti, due anni fa l’avevamo intuito (http://www.possibilia.eu/docs/possibilia_2_editoriale.pdf).

Le risposte, in realtà, sembrano a portata di mano. Che cosa si aspetta? Che cosa c’è da discutere? Se le pensioni e tante altre cose vanno toccate, perché sono (da decenni) anacronistiche, numerosi altri interventi non possono essere in discussione: investimenti sull’ambiente, sulla ricerca, sulla sanità, sulla cultura (e il suo turismo), razionalizzazione dei consumi, riuso e riciclo, e tanti altri... Ad esempio, è ovvia la necessità di intervenire sui costi della politica (e del managing), sulle patrimoniali, sulla revisione dei trattati europei, per dare statuto politico e fiscale a un’Europa che è assurdamente solo monetaria da oltre un decennio. In Italia, Confindustria e altri avvertono: “Non c’è più tempo: se affondiamo, affondiamo tutti”. E allora, che c’è da discutere? C’è solo da fare tutto ciò che è giusto fare, a partire logicamente da chi ha più soldi, che dovrebbe essere felice di contribuire di più a salvare tutti. O no?
Se il rigore è così importante per i mercati, l’altra parola magica di Mario Monti, equità, lo è altrettanto, se non di più. Perché i mercati saranno anche inevitabili, ma un mercato senza società non si è mai visto. Sappiamo tutti com’è andata a finire quando si è ignorato il popolo.

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