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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Samuel Cogliati
Rugby: concluso il torneo 2010 più prestigioso d’Europa

Sei Nazioni d’orgoglio
Il XV de France festeggia il titolo e il Grande Slam nell’anno del suo Centenario.
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Avevamo desiderato un Sei Nazioni vero, d’orgoglio. L’abbiamo avuto. È stato un torneo giocato a viso aperto da tutti, e anche, tutto sommato, uno dei più equilibrati degli ultimi anni. Non importa che la Francia si sia rivelata davvero più forte di tutte le altre nazioni, quanto i ribaltamenti di fronte, le sorprese continue, la capacità che hanno dimostrato tutte le compagini di volere e poter mettere in gioco qualcosa di sé, oltre che del risultato. E questo è rugby.
Le Sei hanno espresso una motivazione autentica. Buon presagio per il Sei Nazioni 2011, ma soprattutto per il Mondiale dell’anno venturo, quando il Sudafrica campione in carica dovrà difendere il titolo. Chi tra le nazionali boreali può concretamente impensierirlo? Per quel che si è visto negli ultimi due mesi, due o tre di loro...
Il Sei Nazioni dimostra di essere ormai irrimediabilmente anche showbusiness: il professionismo, l’abolizione del pari merito, il dilagare delle sponsorizzazioni restano tuttavia sovrastrutture “perdenti”. Non infastidiscono realmente il popolo del rugby, che in parte le subisce, ma in ultima analisi va per la sua strada stando anche un po’ (divertito) al gioco.

foto di Samuel Cogliati

Francia
Una nazionale confortantemente giovane, cangiante, mutevole. Il continuo avvicendamento di giocatori non ha scalfito l’efficacia del gruppo, ma messo in luce grandi talenti: Trinh-Duc, Parra, Bastareau (meno impressionante di quanto previsto), Domingo... E poi conferme di spessore, nonostante l’età: Harinordoquy, Mas, Nallet, Dusautoir, Servat... La Francia gioca la sua peggiore partita all’esordio a Edimburgo, poi fa capire le sue vere intenzioni e il suo potenziale contro l’Irlanda, folleggia con la solita presunzione con il Galles e nel finale contro l’Italia; in fine gestisce con calma, lucidità e cinismo la sfida contro i nemici di sempre (un’Inghilterra che dovrebbe/potrebbe osare di più). In momenti come questi, comunque, emerge la ragion di Stato del business-rugby, che non consente di perdere match troppo importanti.
Nell’anno del Centenario (la Francia fu ammessa nel Cinque Nazioni nel 1910) dà una prova di sussiegoso orgoglio “alla francese” ma dimostra anche che sta guardando con realismo al Mondiale, il grande trofeo che le manca. Che le ricorrenze le diano di nuovo ragione? A Nuova Zelanda 2011, il XV de France celebrerà il cinquantennale delle sue prime grandi imprese australi, ricordando la siderale spedizione del 1961 in Sudafrica, durante la quale batté per la prima volta gli Springboks sul loro campo.
Inghilterra
Formazione “suonata” e in difficoltà, in parte da rifondare. Dimostra i suoi limiti (e forse anche la sua vera faccia) contro la Scozia, quando non riesce ad andare in meta, ma poi sfodera la sua partita terribile, ricordando che bisogna sempre portarle rispetto, contro la Francia. Forse le mancano Wilkinson (sulla via del tramonto?) e un cecchino come ebbe in Robinson.
Scozia
La vera sorpresa del torneo. Raccoglie nell’ultima giornata contro l’Irlanda i frutti di una rifondazione attesa da un decennio, deputata a riportare il Cardo al livello che gli compete per storia e tradizione. Contro il Galles, getta alle ortiche una vittoria già conquistata; contro l’Inghilterra, spinta dai 67mila di Murrayfield in una splendida giornata di sole, dà prova della ragione e della disciplina che fruttano un risultato dignitoso alle squadre senza grandissimi talenti (eccetto forse Parks, Cusiter e Beattie). Ma già dal primo match, contro la Francia, la Scozia dà l’impressione che qualcosa è cambiato con la “cura Robinson”: ragiona, placca con precisione, guarda finalmente la linea di meta.
Irlanda
Dopo un 2009 trionfale (il Grande Slam le mancava da 60 anni), resta comunque la seconda forza del torneo, strappa una vittoria sonora all’80° minuto a Twickenham e suona il Galles. Poi, contro la Scozia - e tutto torna - subisce un colpo che fa pensare che qualcosa resti da affinare. Sexton (grande talento) per O’Gara? Earls per O’Driscoll? È tempo di un ricambio generazionale? L’Irlanda sembra a metà strada di un rinnovamento. Avrà serie carte da giocare ai Mondiali 2011?
Galles
Il Galles sembra aver ritrovato la sua proverbiale discontinuità. Caratteristica che fa di questa squadra una delle più spettacolari e sorprendenti da vedere, e che non l’ha abbandonata da quando esiste il Sei Nazioni (rimediò un whitewash nel 2003, poi il titolo nel 2005, in fine un Grande Slam nel 2008). Una prestazione complessivamente abbastanza opaca, anche se l’orgoglio gallese infiamma almeno due secondi tempi, contro Scozia e Francia.
Italia
Continua a dimostrare di non essere a suo agio nel Sei Nazioni. Ogni vittoria - come quella sofferta e meritata contro una Scozia opaca al Flaminio - suona ancora come un exploit. Probabilmente, manca un reparto dei tre-quarti, manca un paio di veri uomini-meta, manca un calciatore votato. Lontani dalla consacrazione come vera forza europea. La stagione Berbizier fu solo un abbaglio, oppure, come fu il caso della Francia a inizio Novecento, servono solo ancora tanta pazienza e più diffusione dello sport nel Paese?
Samuel Cogliati
     
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