Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
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foto di Federico Scoppa |
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Possiamo capire i violenti?
di Samuel Cogliati
Qualche giorno fa, nel corso del microfono aperto di una radio di
informazione, il conduttore chiedeva agli ascoltatori se ritenessero
giustificabile o quanto meno comprensibile il comportamento violento
degli studenti che hanno manifestato per le vie di Roma nel dicembre
2010. Proteste contro la trafficata fiducia al governo Berlusconi,
e la cosiddetta “riforma Gelmini” dell'istruzione. Si può capire e
magari legittimare quei dimostranti che hanno dato alle fiamme auto,
infranto vetrine, divelto arredi pubblici, ferito poliziotti, seminato
paura nelle strade?
Ammesso - e per nulla concesso - che chi ha commesso quelle violenze
siano le stesse persone che hanno manifestato sdegno e dissenso verso
la classe dirigente e le sue irrispettose manovre politiche, crediamo
che la domanda sia mal posta.
Un avvenimento così drammatico non va compreso né giustificato: si
deve tenerne conto. Non si tratta di stabilire se sia giusto o condannabile
reagire in modo così scomposto, ma di riflettere sulle cause. Di solito,
una reazione popolare drastica e aggressiva si registra a fronte di
un malessere profondo (e difficilmente pretestuoso). Che siano stati
gli studenti a saccheggiare il centro di Roma, o che si siano limitati
a dimostrare il loro scontento, ciò che conta di più è il motivo per
cui sono scesi in piazza. Oggi, gli storici non si chiedono certo
se i rivoluzionari del 1789 o del 1917 fossero politicamente corretti,
ma quali cause li muovessero.
Il governo, i governi possono gridare al complotto e all'inciviltà.
Ma dato che proteste e sommosse di piazza negli ultimi anni non sono
state avvenimenti isolati (né specificamente italiani: basta ricordare
Grecia, Francia, Inghilterra, ecc...), vanno lette per ciò che sono:
voci levate contro un sistema, un intero funzionamento socio-politico-finanziario,
e non come uno spauracchio agitato da qualche avversario politico
in malafede. Ci sono probabilmente momenti dell'Umanità in cui la
violenza è né giusta né sbagliata, ma lo specchio delle condizioni
storiche.
Quando un direttore o un editore vedono calare le vendite del loro
giornale, si chiedono dove e perché abbiano sbagliato, e caso mai
si dimettono o chiudono. Non dànno la colpa ai lettori, sostenendo
che non comprendono il loro progetto. Non c'è motivo perché chi ha
compiti e responsabilità ancora più alti non debba fare la stessa
cosa.
Per quanto piccola sia la nostra voce, nel filo che unisce i nostri
editoriali ma anche in alcune nostre interviste ad autorevoli personalità
(come Massimo Fini), abbiamo voluto prendere in considerazione questo
dubbio. Sarebbe bello che le persone che devono interrogarsi sulla
bontà delle loro scelte riflettessero e agissero di conseguenza, anziché
magari incolpare chi solleva perplessità. Le scelte politiche (e non)
più inadeguate, spesso derivano dall'incapacità o dalla miopia verso
la realtà, che poi, invece, diventa Storia senza chiedere il permesso
a nessuno. |
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