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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Samuel Cogliati
Champagne Jacquesson

Maison d'eccezione
Il raro caso dell'incontro tra classe, stile ed espressione del territorio nel négoce.

di Samuel Cogliati

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Da due secoli, lo champagne vive di due anime: le grandi maison e i piccoli vigneron.
Le aziende eredi della tradizione aristocratico-borghese o, più spesso, i grandi gruppi economici hanno bisogno di uva per produrre il vino. Moët & Chandon, ad esempio, supera 25 milioni di bottiglie l'anno.
Dall'altra parte, 15mila viticoltori proprietari del 90 per cento dei vigneti hanno bisogno di vendere l'uva.
Questo sistema complementare funziona con qualche tensione e rivendicazione periodiche da una parte e dall'altra. Nell'inverno del 1911 servì addirittura l'esercito per sedare una rivolta vignaiola, ben motivata ma violenta.
Si è sempre sostenuto che solo le grandi case potessero fare grandi champagne, forti del savoir faire ma soprattutto delle loro abbondanti forniture di uve di territori, annate e tipo diversi. Alcuni piccoli produttori - contadini e artigiani - hanno invece dimostrato che lo champagne può esprimere come o meglio di qualunque altro vino la specificità di una piccola zona (i francesi la chiamano terroir), del vitigno e dell'annata.
Tra gli appassionati e i commercianti è cresciuto l'interesse per questi vini artigianali, spesso più espressivi e più autentici degli champagne standardizzati della grande distribuzione. Un fenomeno che ha però anche generato un business: a fianco di centinaia di ottimi récoltant manipulant (la legge definisce così questi produttori, riconoscibili dalla sigla RM in etichetta), si trova anche prodotti mediocri che cavalcano l'onda della moda.
Sovranità finita per le grandi case? Niente affatto: se da un lato proprio loro iniziano ad avvertire un consistente calo di vendite (che sinora aveva risparmiato lo champagne), dall'altro occupano comparti crescenti del settore del lusso con strategie e prodotti ben studiati.
Anche le maison hanno però le loro eccezioni. Alcune hanno infatti capito che il futuro dello champagne dovrà includere prodotti vicini alla terra, almeno per una nicchia di mercato, e non solo vini agroindustriali di largo consumo.
Tra di esse spicca Jacquesson, maison fondata nel 1798 e tra le prime a lavorare in vigna e in cantina con un'accuratezza tutta artigianale.

Per quanto “piccola” (350mila bottiglie prodotte ogni anno), Jacquesson rimane tuttavia una maison, perché acquista da altri viticoltori un quarto delle uve che trasforma. Ed è questo che la rende una mosca bianca nel panorama dello champagne, i cui négociant hanno a cuore soprattutto la creazione di un gusto riconoscibile, che fidelizzi il cliente. Come si crea, invece, uno champagne le cui priorità siano originalità, naturalezza, espressione del terroir? Da vent'anni - e ancora meglio dal 2000 - i fratelli Laurent e Jean-Hervé Chiquet hanno iniziato a prendere le distanze dalle pratiche agricole nocive (fitofarmaci, concimi chimici, diserbanti...) e dall'enologia più artefatta, così diffuse in Champagne. Definiscono “tradizionalista e meticoloso” il proprio lavoro, nell'accezione più nobile di un termine spesso usato a sproposito. Per Jacquesson, la tradizione significa arare i suoli due volte l'anno, non usare diserbante né concimi inorganici, ridurre la produzione, privilegiare le vecchie viti. Queste pratiche limitano l'impiego di fungicidi e aiutano la produzione di uve sane e mature, obiettivo per nulla scontato nella regione viticola più settentrionale del mondo. L'azienda ha anche scelto di coltivare in agricoltura biologica 5 dei suoi 31 ettari; l'anno prossimo altri 3 saranno convertiti al bio «e questa superficie crescerà senz'altro in futuro - assicura Jean-Hervé - anche se è molto più difficile fare bio in Champagne che nella valle del Rodano o in Linguadoca», dove il clima è clemente.
Jacquesson sceglie inoltre con cura i propri fornitori, non esita ad abbandonare quelli che ritiene inadeguati e pressa direttamente con i propri torchi solo uve intere (scelta essenziale per valutare la reale qualità dei mosti).

Dal 2002, la “linea base” della casa divennero le etichette denominate “700”, frutto di pochi vigneti ben identificati e basate su una singola vendemmia cui si aggiunge poco vino di altre annate. «Questa prima tappa, senz'altro la più importante - spiega Jean-Hervé -, ci permise di abbandonare il concetto di un brut sans année classico [spumante che prevede il taglio di molti vini, ndr], a favore di una cuvée ben identificata, numerata e datata, la cui unica esigenza è di essere il miglior assemblaggio possibile, non di imitare l'assemblaggio venduto l'anno precedente». Una piccola rivoluzione, in Champagne, dove la continuità stilistica - quasi la serialità dei vini - è fondamentale.
La strategia Jacquesson sta andando oltre. Dal 2011, anche gli champagne millesimati (cioè frutto di una sola vendemmia) scompariranno dalla gamma. Al loro posto, ci saranno quattro prodotti fatti con sole uve di altrettanti vigneti ben delimitati, ad Avize, Dizy e Ay, tra i migliori comuni viticoli della regione. Una scelta che porta i fratelli Chiquet ancor più nella direzione di un vino “di terroir”, espressione cioè del suo luogo di nascita, che dovrebbe essere il presupposto di ogni vino a denominazione d'origine.
Per produrre un grande vino, il lavoro nel vigneto è insostituibile, ma occorre molta cura anche in cantina. L'inizio di una vinificazione di qualità è la pressatura delle uve intere con macchine verticali, che estraggono un succo più fine e limpido. La bontà del mosto consente di evitare successivi trattamenti fisico-chimici. I vini fermentano soprattutto in botti grandi, dove subiscono un delicato scambio di ossigeno, ma senza assorbire il gusto di legno. In queste botti, si conserva le fecce dei lieviti, smuovendole di tanto in tanto (bâtonnage) per ottenere vini più complessi e usare meno solfiti (agenti protettivi tossici molto diffusi in enologia).

I vini Jacquesson
Quando si parla di champagne, il pensiero corre immediatamente al tappo che salta, alle bollicine, a stravaganti calici (le flûte), ai brindisi. Ma quelli di Jacquesson sono champagne che appartengono indiscutibilmente alla famiglia del vino, sono vini di Champagne.
Il rispetto del vigneto, una vinificazione accurata e più naturale possibile, una produzione limitata dànno vita ad alcuni degli spumanti più eleganti e complessi in circolazione.
A cominciare dai prodotti “base”: le cuvée n°732 e n°733, ultime nate in casa Jacquesson, sono vini potenti e golose. Entrambi espressivi, ma dissimili tra loro - vivido e rigoroso il primo; più immediato, generoso, quasi “mediterraneo” il secondo - a dimostrazione che la teoria dei fratelli Chiquet si trasforma in risultato tangibile.
Quando si entra nel novero delle cuvée di riserva, gli champagne Jacquesson varcano la soglia dell'emozionalità, anche grazie a produzioni venti o trenta volte inferiori a quelle della linea “700”.
L'Avize Grand Cru 2000 è un blanc e blancs (ovvero 100% chardonnay) dal sapore accogliente, trascinante, di grande spessore gustativo e di fenomenale persistenza aromatica.
Il Brut Millésimé 2000, nel quale lo chardonnay convive con il pinot nero, è un vino di grande classe, complesso e imprevedibile, con un'intensità impressionante. Sprigiona aromi di carne, di spezie, zafferano e gin.
Ma tra le cuvée che abbiamo potuto assaggiare, il Brut Millésimé 1997 dimostra di avere una marcia in più, di sapere esprimere la grandezza del terroir e il fascino emozionante, inimitabile di un vecchio champagne. Eccitante, puro e raffinatissimo, questo 1997 in cui si incrociano aromi di zenzero e madeira, menta e benzina, è la dimostrazione che i monumentali spumanti del Nord hanno bisogno di tempo, e che bere uno champagne giovane è sempre un peccato d'impazienza.

La purezza dei vini Jacquesson è la riprova di quanto questo produttore sia preoccupato di esprimere l'immenso potenziale del territorio. Eppure, la maison non rinuncia a conferire ai propri champagne uno stile, segno distintivo di un grande négociant, proprio come fanno celebri colleghi quali Krug, Bollinger o Salon.
Ciò che caratterizza tutte le cuvée, nonostante le loro diversità, sono la potenza, la matericità del vino e la sua elegante speziatura. Espressivi, “fisici”, minerali, questi champagne di sostanza non nascondono qualche accenno di “smargiasseria”, un esibizionismo che si perdona volentieri, data la loro generosa complessità.
Per tutti questi motivi, Jacquesson si distingue dalla grande maggioranza delle marche di champagne - senza rinnegare l'appartenenza alla categoria - e merita che se ne parli come di una maison che fa caso a sé.

I prezzi
I prezzo dei vini Jacquesson può variare da un'enoteca all'altra. Indicativamente, la Cuvée n°733 costa attorno a 50 euro, l'Avize Grand Cru sui 90 euro, i millesimati sui 110/120 euro. La gamma include anche una prestigiosa linea di vecchie annate, chiamata Dégorgement tardif, ovviamente più costose.

L'importatore
Pellegrini Spa importa Jacquesson in Italia dal 2002. L'azienda di Cisano Bergamasco ha una lunga storia, ma soprattutto quella pragmatica malleabilità orobica che ha permesso alle successive generazioni della famiglia di mettersi in discussione, aprirsi a nuove ipotesi, investire con oculatezza. Così, dal bisnonno Pietro, oste a Cisano, i Pellegrini sono diventati grossisti di vino sfuso, produttori in Puglia e in Toscana, in fine distributori e importatori di distillati e vini di pregio. Oggi, la Pellegrini spazia dal whisky ai vini di mezza Europa, fino ai grandi bordeaux, ai borgogna, a una selezione di champagne molto mirata, persino al sidro artigianale.
Al di là della proverbiale efficienza bergamasca, Pietro Pellegrini, amministratore delegato insieme al fratello Angelo, è un uomo di consapevole visione imprenditoriale, ma anche di sincere cultura e sensibilità per il vino. Fatto in verità non scontato, persino all'interno del settore.
www.pellegrinispa.net
     
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