di Samuel Cogliati Gorlier 

• 18 ottobre 2025 •

Dopo essermelo colpevolmente perso al cinema, ieri ho visto su schermo domestico “Il colibrì” di Francesca Archibugi.
Vale la pena scriverne perché questo film mi pare assommare a sé molte delle caratteristiche di tanto cinema italiano, che per taluni sono pregi, per altri difetti. A me paiono problemi.

Colpisce lo sforzo, notevole e impressionante, della realizzazione. Un grosso lavoro di scrittura, una laboriosa architettura narrativa. Una regia accurata, come accurata e preziosa è la fotografia. Un cast importante, con Pierfrancesco Favino chiamato a reggere su di sé buona parte dello sviluppo narrativo, Nanni Moretti curiosamente sobrio (e apprezzabilmente efficace!), Kasia Smutniak che ci mette visibilmente tutto il suo talento, qualche altro interprete infilato in modo apparentemente forzoso, per “fare numero” e creare richiamo con il suo nome (Laura Morante, Massimo Ceccherini).
Impressionante anche il lavoro dei costumisti e soprattutto dei truccatori, si cui pesa l’ingombrante mandato di rendere credibili i numerosi flashback cronologici della vicenda.

Insomma: talento, cura, mezzi, lavoro al servizio di un solo scopo. Eppure “Il colibrì” finisce per centrare solo in parte l’obiettivo che si è prefissato. Vanifica parte di un buon soggetto (non ho letto il libro di Sandro Veronesi, da cui è tratto il lungometraggio, ma a questo punto lo farò) in una leziosità manifesta, in una narrazione autocompiaciuta, in varie lungaggini che non servono. Insomma: un’occasione in parte sciupata, perché faticosa e noiosa, di trattare un tema interessante.

Proprio nei suoi eccessi estetizzanti risiede il limite principale di una pellicola che avrebbe potuto dare moltissimo. Siamo a mio avviso nel cuore del problema del cinema italiano: ostinarsi a complicare le cose, a iniziare dallo stile, quando ciò che si ha da dire sarebbe valorizzato dalla semplicità, dalla linearità. Non so se sia una zavorra culturale strutturale, o lo specchio dei tempi. Mi piacerebbe però che molto cinema nazionale limasse, asciugasse, sfoltisse, abbreviasse. Penso ci guadagnerebbe molto. •

cogliati@possibiliaeditore.eu


(L’immagine di apertura, © Andy Morffew, ha il solo scopo di illustrare il titolo dell’articolo e non ha alcun rapporto con il film né tanto meno con le opinioni dell’autore dell’articolo)